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La proposta arriva da Banca Intesa, mentre le trattative con i sindacati sono in corso. Sebbene i sindacati mostrino resistenza, se si riuscisse a trovare un accordo, la banca potrebbe diventare il primo esempio in Italia di settimana corta.

Come funziona oggi l’orario di lavoro

L’orario di lavoro è il periodo di tempo che una persona dedica al lavoro retribuito. Per lungo tempo, la disciplina sull’orario di lavoro è stata regolata dal regio decreto del 10 settembre 1923, n. 1955, e dal regio decreto legge del 15 marzo 1923, n. 692, convertito in legge il 17 aprile 1925, n. 473, che fissava in 8 ore giornaliere e 48 ore settimanali il tetto massimo di esigibilità del lavoro. Lo stesso provvedimento fissava limiti al lavoro straordinario, rispettivamente in 2 ore giornaliere e 12 ore settimanali.

Dopo la nascita della Repubblica Italiana, la Costituzione non fornì alcuna definizione di orario di lavoro né pose limiti. L’art. 36, comma 2, si limita a rinviare alla legge la fissazione di un tetto massimo di durata giornaliera. La legge 24 giugno 1997, n. 196, seguendo le linee guida tracciate dalla prassi della contrattazione collettiva, ha posto un tetto all’orario settimanale di lavoro di massimo 40 ore settimanali e 8 ore giornaliere.

Cosa cambia con la settimana corta

La settimana corta di lavoro prevede 4 giorni e 36 ore di lavoro. La proposta di Banca Intesa, rivolta ai suoi dipendenti, prevede di accorciare l’orario settimanale di un’ora e mezza (il contratto attuale prevede 37,5 ore su 5 giorni) lasciando invariato lo stipendio mensile.

La proposta prevede la riduzione dell’orario a 36 ore, a parità di stipendio, su 4 giorni alla settimana anziché 5, per un totale di 9 ore al giorno. Una proposta in linea con quanto stabilito dal contratto dei bancari, che contempla anche la settimana corta di 4 giorni (36 ore) così come quella lunga di 6 giorni (36 ore).

Il giorno “libero” sarà facoltativo e scelto dai dipendenti, d’intesa con il responsabile, compatibilmente con le esigenze di organizzazione dei turni e delle altre esigenze tecniche.

La risposta dei sindacati

Nelle trattative partecipano i sindacati – Fabi, Fisac Cgil, First Cisl, Uilca, Unisin – che discutono nell’ambito più generale della riorganizzazione e della flessibilità del lavoro, estendendosi anche allo smart working.

I sindacati non sono molto favorevoli perché la proposta presenta vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi, vi è la possibilità di un giorno libero in più a settimana e una riduzione dell’orario di lavoro di un’ora e mezza, passando a 36 ore settimanali rispetto alle attuali 37,5.

Tra gli svantaggi che provocano perplessità alle sigle sindacali, c’è il fatto che la proposta non riguarderebbe tutti i dipendenti, ma solo quelli che lavorano negli uffici. Ciò determinerebbe una disparità di trattamento tra gli impiegati della rete di filiali e quelli degli uffici centrali (governance).

Inoltre, il nodo dello smart working complica una eventuale modifica dell’orario di lavoro e non solo.

In sintesi, la proposta è interessante ma presenta molti aspetti da valutare, per i quali sarà necessario trovare un accordo che soddisfi tutti i dipendenti.

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