Privacy, le domande vietate nel colloquio di lavoro
Con la legge europea sul trattamento dei dati personali (GDPR), tutte le aziende si sono dovute adeguare per trattare in modo trasparente le informazioni raccolte, archiviate e utilizzate. Non a caso in fondo al curriculum (Regolamento Europeo 679/2016 anche noto come GDPR) è di norma aggiungere il trafiletto “autorizzo il trattamento dei miei dati personali” con firma. Ma attenzione è importante conoscere come deve essere svolto un colloquio di lavoro soprattutto alle domande che rivolge il recruiting e quali non andrebbero poste durante un colloquio.
Come gestire la privacy nella fase di colloquio?
Nel corso del colloquio è facile lasciarsi andare ad informazioni personali. Se prima del colloquio abbiamo già accettato l’informativa sulla privacy dell’azienda tutto ciò che viene detto durante il colloquio e il modo in cui quelle informazioni saranno usate sarà protetto dalle norme del GDPR.
Nel caso in cui non si abbia avuto modo di leggere e accettare l’informativa della privacy in una fase precedente la figura incaricata della tutela della privacy della azienda dovrà consegnarci il modulo dell’informativa e registrare il nostro consenso scritto
Le domande vietate dallo Statuto dei lavoratori
- “Di che partito è?”
- “Ha mai aderito a un sindacato?”
- “Crede in Dio?”
- “Si definirebbe omosessuale?”
- Il Decreto Legislativo n. 276 del 2003 tutela dalle discriminazioni legate alla salute fisica e mentale dei lavoratori. Sono vietate domande che espongono problemi presenti, passati o a cui si può essere predisposti, a meno che la valutazione dello stato di salute
- “Quanti giorni di malattia ha totalizzato nel precedente lavoro?”
- “Si ammala facilmente?”
- “Nella sua famiglia, ci sono malattie con alto tasso di ereditarietà?”
- “Ha mai sofferto di depressione?”
- “Assume dei farmaci?”
- “Ha mai avuto bisogno dell’aiuto di psicologi o psichiatri?”
Il “Codice delle pari opportunità fra uomo e donna”, questo decreto vieta domande discriminatorie.
- “Vorrebbe avere figli?”
- “Ha mai usufruito di un congedo parentale?”
- “È sposato o sposata?”
- “Le piacciono le famiglie numerose?”
- “Ha contratto matrimonio religioso o civile?”
- “Ha un partner?”
- “Come descriverebbe la sua vita privata?”
Il Decreto Legislativo n. 215 impone il pari trattamento tra gli individui a prescindere dalla loro origine etnica.
- “Di che razza è sua moglie (o suo marito)?”
- “Ha parenti nel suo Paese d’origine che vorrebbero raggiungerla qui?”
- “Quante volte all’anno visita il suo Paese d’origine?”
Queste sono alcune domande di carattere personale che possono compromettere la privacy del candidato durante il colloquio. Gli esaminatori esperti sono al corrente degli argomenti che non possono essere trattati. Ma può sempre sfuggire una domanda tra quelle che abbiamo indicato. In questo caso come bisogna comportarsi? Declinare la risposta è legittimo, dato che ci sono articoli di legge che tutelano la privacy del lavoratore del tipo: “Preferirei non rispondere, è una domanda personale”.